Oramai più di due anni fa ho avuto l’onore d’intervenire alla Tavola Rotonda “Persone e Relazioni: Periferie Esistenziali” promosso dall’Ordine degli psicologi dell’Emilia Romagna per la Giornata nazionale della psicologia 2017.
Nel riflettere sul titolo dell’incontro” Periferie esistenziali” mi sono venuti in mente i volti dei molti utenti conosciuti grazie all’attività di Sportello che svolgiamo da anni in collaborazione con “Avvocato di strada” e con altre realtà del territorio padovano.
Incontriamo persone a rischio esclusione sociale, persone vittime di reato, persone autrici di reato, a volte con problematiche di salute mentale, di solitudine, povere, uomini, donne, migranti. Persone ai margini, che vivono delle esistenze periferiche alla comunità, esclusi.
“Con il termine esclusione sociale si definisce l’impossibilità, l’incapacità o la discriminazione di un individuo nella partecipazione a determinate attività sociali e personali. L’esclusione sociale descrive una condizione di forte deprivazione, determinata dalla somma di più situazioni di disagio. La deprivazione è riconducibile sia alla mancanza di risorse economiche adeguate che ad un accesso limitato ad ambiti sociali come l’educazione, l’assistenza sanitaria, il lavoro, l’alloggio, la tecnologia, la vita politica ecc.”
Socialmente esclusi sono quegli individui la cui capacità di partecipare pienamente alla vita sociale è fortemente compromessa. Nelle società contemporanee le categorie maggiormente vulnerabili sono: le persone senza fissa dimora, i disabili, i detenuti o ex-detenuti, le persone con dipendenza da sostanze, gli anziani, gli immigrati, i rom, le famiglie numerose o monoparentali, i minori. In tutti i gruppi le donne vivono una situazione di disagio più forte degli uomini. Violenza, stigma sociale, povertà espongono le donne e le ragazze ad un rischio costante di emarginazione.
Sono persone che vedono negati il diritto alla salute, di cittadinanza, i diritti sociali, i diritti umani. Il loro essere “periferici” fa si che sia difficoltosa l’accessibilità ai diritti. Sono persone fragili e fragili sono le loro possibilità di accesso ai servizi.
La vision di Psicologo di strada
Lavoriamo da anni come “Psicologo di strada” perché crediamo che “Le disuguaglianze in salute sono il frutto dei determinanti sociali di salute, vale a dire originano dalle condizioni sociali nelle quali le persone nascono, crescono, vivono, lavorano e dall’età. Queste includono le esperienze nei primi anni di vita, l’istruzione, la condizione economica, l’occupazione e un lavoro dignitoso, l’alloggio e l’ambiente e sistemi efficaci di prevenzione e cura delle malattie. Siamo convinti che l’azione su questi determinanti, per i gruppi vulnerabili e per l’intera popolazione, sia essenziale per creare inclusione, equità, una società economicamente sana e produttiva. Porre la salute umana e il benessere quali elementi chiave di ciò che costituisce una società più inclusiva ed equa nel 21 ° secolo è in linea con il nostro impegno per i diritti umani a livello nazionale e internazionale” (Dichiarazione di Rio sull’ambiente e lo sviluppo, 1992).
In più come professionisti riteniamo che “La salute viene creata e vissuta dagli individui nella sfera della loro quotidianità, là dove si gioca, si impara, si lavora, si ama. La salute nasce dalla cura di se stessi e degli altri, dalla possibilità di prendere decisioni autonome e di poter controllare la propria condizione di vita, come pure dal fatto che la società in cui si vive consenta di creare le condizioni necessarie a garantire la salute a tutti i suoi cittadini, (Carta di Ottawa, 1986).
Arrivano persone con bisogni, bisogni multipli, come li chiamo io, bisogni che si sovrappongono, senza ordine ma tutti urgenti e necessari di risposte. Sono bisogni dettati dalla povertà sociale, personale, culturale, di vicende che sono capitate…perchè a tutti può capitare di finire per strada.
Chi sono gli utenti: PERSONE
Abbiamo notato che non esistono dei profili tipici degli utenti, o clienti con caratteristiche simili, e perciò non esistono risposte o modalità tipiche di sportello. L’unico “profilo” che accumuna gli utenti sono le “difficoltà della vita” che poi si trasformano in problemi sociali, spesso quando il welfare e i servizi non rispondono con tempestività o appropriatezza oppure sono assenti.
Per gli utenti emerge innanzitutto una difficoltà di lettura del contesto, anche perché sono timorosi, spesso con pluriproblematicità, a volte c’è molto pudore, specie se trovano allo sportello operatori giovani, che potrebbero essere i loro figli e, si sa, viene difficile raccontare la propria povertà e il proprio fallimento alla gioventù.
Molte delle persone che si rivolgono ai nostri sportelli sono portatrici di problematiche complesse che oltre la “semplice” povertà includono spesso bisogni complessi, problematiche lavorative, abitative, di disagio psichico, familiari, di solitudine, di dipendenza, di salute, etc. per le quali il solo intervento di natura psicologica o legale si rivela insufficiente.
Gli ostacoli all’esercizio dei diritti spesso è di tipo culturale e di presa di coscienza della propria condizione di cittadini con pari dignità, proprio come “gli altri”. Anche se la povertà viene sempre più presentata politicamente e mediaticamente come una discriminante e quasi come una colpa.
Spesso allo Sportello si presentano persone che sono vittime di abusi e prevaricazioni ma che non hanno la percezione di quanto subito, perché tendono a considerarsi “comunque” dalla parte del torto, a sentirsi in colpa per la propria condizione, piuttosto che ad esigere una tutela dei propri diritti.
Accade che dietro una cortina d’aggressività e malfidenza, si nasconda una grande sfiducia in se stessi, nelle istituzioni e nelle persone in generale, nei propri legami e nel senso d’appartenenza alla collettività.
Cosa si fa a Psicologo di strada
Negli sportelli si fa attività di supporto alla persona, in particolare:
- chiariamo agli utenti i loro diritti sociali esigibili
- aiutiamo la persona a “prendersi la responsabilità” dell’atto giudiziario (es. sporgere una denuncia, comprenderne le motivazioni e difendersi se ricevuta)
- supportiamo le persone nell’iter giudiziario
- rendiamo accessibile il diritto dal punto di vista psicologico
- chiariamo i limiti dei “diritti personali esigibili”
- evidenziamo e sosteniamo le responsabilità personali
- promoviamo empowerment
Ovvero rendiamo vivo e concreto il diritto alla relazione, il diritto all’incontro con l’Altro, che consideriamo centrale rispetto la sua esistenza. Rimettiamo la persona e la relazione al centro del nostro intervento ma soprattutto riposizioniamo la PERSONA al centro della comunità, nella rete dell’accessibilità dei servizi.
Ovvero cerchiamo con la PERSONA una strada verso un’esistenza non periferica ma che la riporti al centro dei diritti sociali e umani.
In quest’ottica, il mettere a loro disposizione un operatore attento e competente, che riconosca e sappia guidare un colloquio, diventa una risorsa preziosa. Ma non basta!
Serve un supporto comunitario che, partendo da una precisa “lettura” dei disagi, accompagni le persone in un percorso di riappropriazione delle risorse e abilità personali, quindi nel recupero di un ruolo sociale attivo e di cittadinanza.
È necessario che lo Sportello sia inserito nella rete territoriale dei servizi e del privato-sociale. Diventa essenziale il lavoro in equipe multiprofessionale proprio per leggere, decodificare e rispondere ai bisogni complessi.
Come si accoglie e ascolta un utente
Lo psicologo a partire dall’ascolto del problema segnalato dall’utente allo Sportello, effettua un’analisi della domanda al fine di individuare bisogni, disagi inespressi, ed una eventuale ridefinizione della domanda per punti operativi, come abbiamo visto negli schemi precedenti. Solitamente nei casi più complessi possono essere ammessi tre incontri individuali con il professionista individuato.
Importante è ricordare che non tutti gli utenti presentano problematiche di tipo psicologico o di salute mentale anche se vivono o compiono atti per noi inconcepibili. Una buona comunicazione è la premessa per costruire una relazione d’aiuto efficace con gli utenti, i quali allo sportello prima di tutto vogliono incontrare l’essere umano, uomo o donna che sia.
Spesso la frequenza allo sportello è la sola occasione per poter parlare di se stessi, di essere accolti con empatia e senza giudizio. In pratica anche se non condividiamo le scelte di vita o le “giudichiamo sbagliate” non significa che la persona debba essere mandata dallo psicologo con l’obiettivo di curarla, cioè di rimetterla sulla “retta via”!
Per gli operatori diventa un compito difficile perchè si deve andare oltre ciò che viene detto. Si devono ascoltare i silenzi, decodificare le mezze parole, leggere tra i vestiti e le posture e i mezzi sospiri…. l’osservazione della persona e della comunicazione non verbale sono gli unici strumenti per approfondire le cause e le motivazioni che sottendono i bisogni e le richieste.
Ci si avvicina così, attraverso un ascolto delle storie di vita ma poi come aiutare, come sostenere, quali strategie e i percorsi sono veramente dilemmi che mettono in crisi anche gli operatori più esperti.
Spesso alcune storie non raccontano esplicitamente di un bisogno ma sono narrazioni del sè, esprimono desideri e sogni, cercano un ri-conoscimento come persona.
Ecco che riconoscere ad ogni persona il suo Diritto alla relazione significa mettere a disposizione un luogo sicuro, un tempo dedicato, un gesto di cura, un’accoglienza senza giudizio e una parola che cura.
Perché Psicologo di strada?
Per noi professionisti di “Psicologo di strada” lo sportello è una buona occasione per mettere la faccia fuori dai nostri studi e, soprattutto, giù dai divani o lettini per andare incontro nella vita delle persone in difficoltà in un confronto diretto ed empatico, dove la periferia è il “qui e ora” della relazione.
Perché: “Servono i sognatori, serve qualcuno che indichi, con chiarezza e fermezza, il punto di arrivo, che sappia renderlo concreto, possibile, vicino. Qualcuno che — con la teoria e con la pratica — «forzi» il mondo a cambiare. E «forzare» non ha niente di violento, perché quella che va «forzata» è l’immaginazione, perché si possa davvero credere che sì, è possibile superare l’antropocentrismo — l’uomo padrone che può fare del mondo ciò che vuole — per costruire «una nuova narrazione per il nostro futuro», come scrive il filosofo Leonardo Caffo”
Laddove gli uomini sono condannati a vivere nella miseria i diritti dell’uomo sono violati. Unirsi per farli rispettare è un dovere sacro[1],
Padre Joseph Wresinski
[1] Frase incisa su una lapide il 17 ottobre 1987 a Parigi in commemorazione delle vittime della miseria.