Questo 2020 sarà ricordato come l’anno della prima epidemia “globale”, non ancora, ad oggi, definita pandemia dall’OMS. In questo grande caos e in questo sguazzare nelle paure di malattia e morte non si fermano gli omicidi volontari compiuti a danno delle donne. L’8 marzo, Giornata internazionale dei diritti della donna sembra perdersi nel grande panico.
Leggendo tra i pochi articoli e solo sulle maggiori testate però constato che ciò che sembra “fare notizia” è il fatto che “8 donne su 10 conoscono il loro killer”.
Chi come me oramai da più di un decennio si occupa di queste problematiche ben sa come l’omicidio sia “solo” l’ultima forma di comunicazione e relazione tra due persone! Il femminicidio è un fenomeno che trova le sue origini e il suo alimentarsi nella cultura, nella società e quindi nelle relazioni tra i gener*.
È un fenomeno molto complesso poiché negli ultimi decenni si è assistito ad un cambiamento culturale e di costume nei confronti della struttura patriarcale della famiglia e del ruolo della donna anche all’interno della società. Cambiamenti che si sono riverberati anche sui partner, sulla relazione di coppia, sia tradizionale o meno. Noi sappiamo bene che il maggior numero di atti di violenza avvengono all’interno delle relazioni affettive. Quindi le vittime ben conoscono il loro maltrattante e, al limite, assassino.
L’8 marzo giornata dei diritti delle donne. Ma di quali diritti parliamo nel 2020?
Preciso intanto che violenza contro le donne (o di genere) è:
«qualsiasi atto di violenza di genere che comporta, o è probabile che comporti, una sofferenza fisica, sessuale o psicologica o una qualsiasi forma di sofferenza alla donna, comprese le minacce di tali violenze, forme di coercizione o forme arbitrarie di privazione della libertà personale sia che si verifichino nel contesto della vita privata che di quella pubblica». Così recita l’art 1 della dichiarazione Onu sull’eliminazione della violenza contro le donne.
Quindi i diritti sono “diritti umani”. E le donne hanno sempre la colpa, tutte le colpe, anche quella di essere state ammazzate.
La violenza contro le donne è un problema strutturale e istituzionale. Ma per una lettura approfondita vi invito a leggere l’ottimo articolo Perché si chiama femminicidio di Barbara Spinelli.
Parlando di salute: coronavirus meno letale del femminicidio?
La violenza nel 2020 passa sotto silenzio, dove la notizia è il coronavirus, non la salute dei cittadini. Focus diversi e modalità diverse d’azione. La violenza non fa notizia ma è un problema di salute pubblica, questo si. E il non parlarne significa non tenere conto della salute delle donne e degli uomini.
Le condotte di violenza aprono una realtà complessa ove sono compresenti condotte devianti e criminose diverse: maltrattamenti, violenza sessuale, prostituzione, omicidi, gaslighting, stalking, cyberstalking, etc. Solitamente il femminicidio è preceduto da “sintomi”, ovvero comportamenti e condotte che indicano l’escalation della violenza nella relazione quali aggressione fisica, minacce e intimidazioni, abuso sessuale, abuso psicologico, privazione economica, comportamenti di controllo e potere, la coercizione, le molestie, etc.. Spesso è susseguente ad una separazione, alla chiusura di un legame affettivo non accettato, non voluto.
Femminicidio o omicidio volontario con vittima donna?
In Italia a volte si intende il “femminicidio” nel “solo” significato di omicidio volontario con vittima femminile mentre dovrebbe essere colto nella complessità di fenomeno sociale, giuridico e culturale in cui le condizioni del comportamento omicidiario sono precedute, favorite e spesso generate da un contesto relazionale già condizionato da azioni, comportamenti e situazioni “misogine”.
Il rapporto “Questo non è amore 2019”, pubblicato dalla Polizia di Stato, differenzia fra omicidi volontari di donne e femminicidi come il rapporto EURES, che evidenza come i femminicidi sono il 38% degli omicidi commessi in Italia nel 2018, che i femminicidi familiari sono l’85% dei femminicidi e che i femminicidi di coppia sono il 75% di quelli familiari.
Femminicidio e relazioni
L’ultimo Rapporto Eures su ‘Femminicidio e violenza di genere, ha messo in evidenza come la coppia si conferma come un ‘luogo’ ad alto rischio. Nel 28% dei casi “noti”, le donne uccise avevano subito precedenti maltrattamenti spesso note a terze persone. Per l’Eures, il femminicidio rappresenta “l’ultimo anello di una escalation di vessazione e violenze che la presenza di un’efficace rete di supporto potrebbe invece riuscire ad arginare“.
Nel 2018 sono stati 142 i femminicidi (+ 0,7% sull’anno precedente), di cui 78 per mano di partner o ex partner.
Nel Global Study on Homicide Report, redatto da Unodc (United Nations Office on Drugs and Crime) sulla base dei dati della Crime Trend Survey del 2016, emerge che le donne sono uccise in prevalenza da partner o in ambiente familiare.
A livello mondiale le donne rappresentano il 20% delle vittime di omicidi, ma se si considera la relazione con il proprio uccisore le donne vittime salgono al 64% delle morti in ambito familiare e all’82% degli omicidi compiuti dai partner. Il tasso di omicidio delle donne uccise da parte di un partner e da parenti è di 1,3 per 100mila donne, con forti differenze nei vari continenti: è massimo in Africa (3,1), seguono le Americhe (1,6) ed è minimo in Europa (0,7). In Italia nello stesso anno era pari a 0,35. Questi dati sono costanti malgrado le lievi oscillazioni e confermano la diversità strutturale degli omicidi a danno di uomini e donne.
Il Rapporto dell’Istat (riferito al 2018) specifica che otto donne su dieci conoscevano il proprio assassino, precisamente che le donne vengono uccise in ambito domestico da partner e familiari, il 54% è partner o ex e da parenti (24,8%).
Nel 2018, sono stati commessi 345 omicidi (erano 357 l’anno precedente), 212 hanno interessato gli uomini (22 in meno rispetto al 2017) e 133 le donne (10 in più). Gli uomini sono quindi più numerosi ma in calo, mentre aumenta la quota di donne assassinate sul totale che, dall’11% del 1990, raggiunge il 38,6% nel 2018.
Femminicidi, tentati femminicidi e comportamenti violenti
Dal 1 gennaio 2020 sono 15 le donne uccise e troviamo i loro nomi qui.
Non abbiamo però anche un elenco di donne che hanno rischiato di morire o che piano piano muoiono ogni giorno. Il numero oscuro dei maltrattamenti, dei comportamenti violenti, dei tentati omicidi è altissimo.
L’Istat all’audizione sulla violenza di genere nella commissione parlamentare di inchiesta sul femminicidio (novembre 2019) ha presentato i dati raccolti attraverso l’indagine sulla sicurezza delle donne. Nel documento si legge che “nel corso della loro vita, quasi 3 milioni e 700mila donne hanno interrotto una relazione (anche senza convivenza) in cui subivano almeno un tipo di violenza fisica, sessuale o psicologica e, di queste, circa un milione erano separate o divorziate. Le donne separate o divorziate risultano essere un segmento particolarmente a rischio di violenza da parte dell’ex partner: il 36,6%, infatti, è stata vittima di violenza fisica o sessuale da parte del coniuge o convivente da cui si sono separate, contro una media del 18,9%. […]
“sono 538mila le donne vittime di violenza fisica o sessuale da ex partner, anche non convivente. In questo gruppo sono 131mila le separate o le divorziate. Il 65,2% delle donne separate e divorziate aveva figli al momento della violenza, che nel 71% dei casi hanno assistito alla violenza e nel 24,7% l’hanno subita”.
Molte donne ritornano dall’ex partner
Le violenze subite “sono considerate gravi in quasi il 90% dei casi, molto gravi nel 62,9% dei casi e il 45,6% delle vittime ha subito ferite. Oltre la metà (53,9%) ha dichiarato di aver avuto paura per la propria vita o quella dei figli. Considerando il complesso delle donne che nella vita hanno avuto almeno un partner convivente violento, indipendentemente dallo stato civile, il 37,3% lo ha lasciato anche se solo temporaneamente. Di queste, però, circa la metà ha poi deciso di tornare a viverci insieme” di cui “il 37,7% dichiara di averlo fatto perché il partner le ha promesso di cambiare, il 30,2% per concedere al partner una seconda possibilità, il 16,4% per amore”. Il 27,6% delle donne con figli, poi, “dichiarano di essere tornate in convivenza per il loro bene”.
Quante denunciano?
Dai dati Istat “un quinto (24,4%) delle separate o divorziate si sono recate presso le forze di polizia per denunciare la violenza, ma nel 60% dei casi non hanno firmato il verbale”. Nel 4,7% dei casi, poi, “si sono rivolte ai centri anti violenza o agli sportelli di aiuto contro la violenza, mentre il 13,2% di queste dichiara di non sapere della loro esistenza”.
8 marzo2020: Giornata internazionale dei diritti della donna
Si è ancora necessario parlare e tutelare i diritti, tutelare la vita delle donne.
Perché le donne hanno diritto a vivere libere. La libertà di essere se stesse, la libertà di scegliere, il “diritto” umano alla loro umanità.
Manteniamo alta l’asticella dell’attenzione, usiamo i social per creare momenti di condivisione, l’isolamento imposto dal coronavirus non diventi una scusa per non difendere i nostri diritti. L’8marzo deve essere tutti i giorni, ovunque.