La violenza nelle coppie è sempre violenza di genere?

La violenza contro le donne è una terminologia che indica globalmente una quantità di atti e comportamenti violenti, che sono principalmente o esclusivamente commessi contro le donne.

A volte questi comportamenti sono considerati dei c.d. crimini d’odio (ispirati dall’odio o motivati da pregiudizi), in quanto si rivolgono ad una vittima a causa della sua appartenenza ad un determinato gruppo sociale (etnia, identità di genere, lingua, nazionalità, aspetto fisico, religione o orientamento sessuale).  Questo tipo di violenza è detta di genere, il che significa che gli atti di violenza sono commessi contro le donne espressamente perché sono donne o come risultato di costrutti di genere patriarcali.

Ma mi chiedo:

è sempre vera l’equazione violenza di coppia come violenza di genere?

 

La Convenzione di Istanbul sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica indica:

Art. 3a) con l’espressione  “violenza contro le donne” si intende designare una violazione dei diritti umani e una forma di discriminazione contro le donne, comprendente tutti gli atti di violenza fondati sul genere che  provocano o sono suscettibili di provocare danni o sofferenze di natura fisica, sessuale, psicologica o economica, comprese le minacce di compiere tali atti, la coercizione o la privazione arbitraria della libertà,  sia nella vita pubblica, che nella vita privata;

  1. b) l’espressione “violenza domestica” designa tutti gli atti di violenza fisica, sessuale, psicologica o economica che si verificano all’interno della famiglia o del nucleo familiare o tra attuali o precedenti coniugi o partner, indipendentemente dal fatto che l’autore di tali atti condivida o abbia condiviso la stessa residenza con la vittima;

Art. 3c) con il termine “genere” ci si riferisce a ruoli, comportamenti, attività e attributi socialmente costruiti che una determinata società considera appropriati per donne e uomini;

  1. d) l’espressione “violenza contro le donne basata sul genere” designa qualsiasi violenza diretta contro una donna in quanto tale, o che colpisce le donne in modo sproporzionato;

Nel mio lavoro spesso mi trovo davanti a situazioni di legami forti in coppie disfunzionali dove i confini sono “smarginati” (E. Ferrante)

così da rappresentare un caos esistenziale oltre che di coppia.

È il caso di Antonio e Mirella.  

Seguo Antonio per percorso di recupero e di assistenza, poiché imputato in un procedimento penale per il reato previsto e punito dall’art. 612-bis c.p., ai fini dell’ottenimento dei benefici ex artt. 163 e 165, comma 5, c.p.. Antonio racconta che la “vittima” aveva arrecato danni consistenti e minacciava continuamente Mirella e quindi lui aveva reagito per proteggerla.

Mirella è una donna con handicap fisico e psicologicamente fragile e a rischio di manipolazione. Lei stessa racconta che, prima di frequentare Antonio, è stata truffata di parecchie decine di migliaia di euro in vari modi e che non riesce a difendersi da chi le chiede soldi. Racconta che stare da sola è per lei rischioso perché appena Antonio esce di casa si presentano vicini e altri a sfruttarla, ragion per cui chiedono se possono venire in studio entrambi, così lei è al sicuro.

La coppia si frequenta, quando li incontro, da circa 10 anni.

Verso la fine del percorso trattamentale, un sabato pomeriggio, Mirella mi contatta per whatsapp e mi dice che è al pronto soccorso perché Antonio si è ubriacato dopo pranzo, le ha detto che l’uccide. Poi andrà dai carabinieri a denunciarlo. Mi racconterà il giorno successivo che sabato dopo pranzo Antonio aveva bevuto molto e poi era salito alla guida dell’auto e ha rischiato vari incidenti tale che lei ha temuto per la sua incolumità. Così lei ha litigato, ha iniziato ad urlare, lui l’ha picchiata in auto finchè è scesa ad un incrocio.

Dopo la denuncia Mirella viene accompagnata in un luogo segreto e sicuro dai carabinieri.

Lui le scrive messaggio e le manda vocali di scuse alternati a dichiarazioni d’amore e domande sulla sua salute.

Mirella in una telefonata mi dice che è rimasta delusa e che vuole fargliela pagare per quanto ha sopportato da lui negli anni, cioè che beveva e che lei gli ha dato anche dei soldi. Racconta anche che non è mai stata toccata da Antonio e che mai lui l’aveva minacciata, anzi durante la sua malattia e le continue visite mediche lui l’avesse sempre assistita e curata.

Rivela anche come non lo sopportasse più e che non sapeva come uscire da quella relazione, oramai per lei pesante e inutile. Che non la fa vivere.

Antonio si raccontava, e anche nei whatsapp dopo la denuncia, come uomo innamorato e amorevole, che continua a prendersi cura di Mirella.

Ne emerge un quadro di relazione altamente disfunzionale, di collusione, una relazione di coppia basata su una intesa nevrotica tra Antonio e Mirella. Dal punto di vista meramente psicologico tra Antonio e Mirella era presente una collusione di tipo orale, ovvero che rimanda e ricorda proprio la fase di sviluppo orale così come descritta da Freud.

Questa coppia si reggeva sull’idea dell’amore inteso come cura e accudimento di Antonio nei confronti di Mirella (“quando stava male la lavavo, la pulivo”. Ora le scrive in wa: “ti piace il cibo dove sei ora? Vuoi che ti porti qualcosa di buono, come piace a te?”). Mirella nella coppia rappresentava e agiva come una bambina viziata, non capace di gestirsi da sola, non autonoma nell’accudimento di sé. Mai un ringraziamento verso Antonio ma una continua pretesa, in una posizione regressiva di infante capricciosa e bisognosa di cure e che maltratta, anche in modo ricattatorio, chi si prende cura di lei. Poi, dopo sceneggiate di rifiuti e autonomia, graziosamente si concedeva, cioè “sceglieva autonomamente”, che lui la aiutasse. Lui rispondeva che “è lei così”, che è nel suo modo di fare e che fatica a far si che lei si curi come dovrebbe. E se non ci fosse stato lui Mirella non sarebbe ora viva con tutte le problematiche di salute che ha.

Questo tipo di  dinamica collusiva è un meccanismo protettivo, cioè fa si che entrambi i partner neghino i propri bisogni antichi e non confessabili, possano rimuovere e proiettare uno sull’altro gli aspetti non accettati di loro stessi e i loro conflitti non risolti. È una modalità che frena l’evoluzione dei partner e della coppia.

Questo legame disfunzionale è un legame necessario ad entrambi  e Antonio e Mirella non ne possono fare a meno, per molti anni, poiché li protegge dal vivere l’abbandono e la solitudine qualora la coppia decidesse di lasciarsi.

La collusione è un meccanismo di difesa inconsapevole nonché rimosso  e provoca dolore e sofferenza in entrambi i partner che sono incastrati in questa relazione.

Funziona  finchè l’incastro del soddisfacimento dei bisogni  viene colmato. Nel caso di Mirella ed Antonio il bisogno sottostante ed inconfessato era quello della necessità di dipendenza dagli altri, bisogno di entrambi.

Termina quando uno dei due, in questo caso Mirella, sente che Antonio non le avrebbe mai risolto tutti i suoi problemi.  Quindi diventa inutile, un peso. Ed esplode in un conflitto determinato dal fatto che Mirella non vuole/ non è in grado di confrontarsi con gli aspetti rimossi di sé e di Antonio,  soprattutto con il loro bisogno di dipendenza (non riconosciuto).

Il conflitto non è stato sanabile perché Antonio e Mirella non sono stati in grado di stabilire un nuovo “patto di bisogni”, ridefinito dagli spazi di autonomia nella gestione della salute che Mirella aveva acquisito e che proiettava come abilità personali nella vita.

L’aggressione fisica da parte di Antonio, che oltre a bere fa uso anche di cocaina, è la molla che fa si che Mirella esca dalla macchina e vada a denunciare. È un momento di individualizzazione importante per Mirella.

Quale intervento?

La premessa definitoria di violenza di genere era d’obbligo poiché è la cornice nella quale vengono letti e definiti i reati le cui vittime sono donne. Ora mi chiedo se è sempre così.

Nel caso di Antonio e Mirella possiamo parlare di violenza di genere?

Nella dinamica descritta chi ha agito violenza? Quali sono le cause e le motivazioni che hanno fatto da miccia all’aggressione fisica di Mirella? Sono presenti aspetti criminogenetici di genere?

 Definire e delineare in modo corretto la criminogenesi e criminodinamica di fatti così come sopra descritti aiuta la “presa in carico” e anche la realizzazione di valide strategie preventive.

Dobbiamo, a mio avviso, uscire dalla logica del trattamento uguale per tutti e prevedere una presa in carico di tipo psico-sociale della coppia  oltre che del singolo partner. Ovvero cominciare a porre dovuta attenzione alla tipologia del rapporto della coppia, alla modalità di funzionamento, ai bisogni di entrambi.

Nei casi simili alla coppia di Antonio e Mirella pensare che solo la risposta penale “di genere” sia efficace concretamente significa  mantenere la donna in una posizione di “soggetto debole”, bisognosa di cure.

Si replica perciò il legame collusivo tra un potere maschile, penale, e i bisogni necessari al perpetuarsi e mantenimento del potere stesso.

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